giovedì 22 ottobre 2015

Il risveglio di Medusa di Paolo Quinto Tiberio


Dove la terra accoglie l'oceano riscaldato dal sole che vi si leva, nell'alba del terrore sassi furono due città e popoli in un sol tempo svaniti, allorché le molteplici lingue vibrarono dalla chioma giallo- nera di Medusa e cruenti radiazioni dello sguardo fissile mutarono il cuore rotante delle cose in dolore senza fine
S'alzò nel cielo allora il mortale sogghigno e sulla collina stampò tracce marcide e ombre immobili che prima erano viventi, d'un colpo ai pestiferi raggi degli occhi l'intera struttura disintegrò della materia e dalla bocca velenosa flagelli vomitava fecondi di lunghe torture e stermini, chi può sostenere l'orrenda icona del fungo nato dalle spore inconcepibili dell'orrido sguardo?
Caddero gli uccelli stecchiti sul suolo sterile, a capriccio bestie s'incastrarono col regno minerale, divamparono piante in degeneri amplessi di ninfe e volti di gelido marmo in fissità friabilmente a terra si fissarono decadendo in cenere, costretta a patire cogenti trasformazioni la natura derogò norme e leggi all'urto dell'onda e costanza dismise e persistenza fluttuando tra il nulla e lo scherzo: che follia è mai questa?
Chi arresterà il mostro nato a durare in eterno? Che scudo di piombo, quale roncola cillenia taglierà l'inedito capo saettante di serpi inesauste? Tu, figlio della pioggia d'oro annichilito tra spasmi paradossale d'un etica che non ti vuole in patria porti sulla schiena il rotore tatuato dei servi? Su, rivolgetegli lo sguardo, ma imprigionatela presto dentro sarcofaghi e ciminiere, prestategli attenzione ma per le potenze delle potenze che al potere riversa
Più non bastano domestiche realtà tossiche, morbosi unguenti e proliferazioni cellulari non bastano al nero ingegno di Dite, te, Medusa, risvegliano!

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